In un giorno di solo cocente mi trovavo da solo in
mezzo alla natura, e cercavo disperato una fontanella,
ferendomi le zampette sulle pietre aguzze e strappandomi la bianca pelliccia nei
rovi. Nessun negozio intorno, né un cinema, né un teatro, né un tram o un taxi a pagarlo oro. In quella campagna desolata incontravo solo strani tipi che ho visto
disegnati sulle buste dei miei croccantini: conigli, agnelli e polli, senza
riso né crusca né verdure liofilizzate nelle vicinanze, che si rincorrevano
liberi, come facciamo io la Lilli al parco.
All’improvviso, ho urtato un enorme peloso senza guinzaglio che, ringhiando feroce, mi si è avventato
contro, e per sfuggirgli sono scivolato
in un crepaccio: gridavo aiuto, ma non riuscivo ad abbaiare e precipitavo, muto
e disperato, sempre più giù.
Finalmente ho
aperto gli occhi, e una gioia infinita ha invaso il mio cuore: ero disteso
nella mia cuccia morbida, tra le confortevoli mura della mia casetta, mentre il
computer di Lei ringhiava inceppato. Fuori dalla finestra, tutto era
rosso tramonto, le macchine e i bus brontolavano allegri e già si accendevano
le prime le luci delle strade, dei negozi e dei monumenti della mia splendida
città, che tutti chiamano l’Eterna. Eppure mi hanno
detto che una volta, al posto della mia casa, tutto qui intorno era campagna, e
al solo pensiero mi vengono ancora i brividi.
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